Isis
Gionni ha il suo fucile. Se l'è portato da casa perché Isis gli ha detto di farlo. Da quando conosce Isis, Gionni non si è più trovato coinvolto in situazioni imbarazzanti, preda degli imprevisti, e questo -lui lo sa benissimo- è gran parte merito della sua amica, dei preziosi consigli che sa dargli. Isis ragiona con un rapporto di compressione cerebrale pari a due volte quello di Gionni, e quando deve persuaderlo ci mette il doppio della forza, quindi vince sempre quattro a uno.
Gionni non riesce proprio a capire come mai i suoi familiari -mamma, papà e quella piccola cosa che risponde al nome di Luca- si ostinino a voler ignorare Isis. E' convinto che se l'accettassero in famiglia ne avrebbero solo da guadagnare. D'altronde, non erano loro che insistevano tanto perché Gionni si facesse delle amicizie? Non ricordavano forse? E' perlomeno strano che ora neghino addirittura l'esistenza di Isis -anche se Gionni ha notato come Luchino, ogni volta che la sua amica passa davanti camera sua, lanci veloci, furtive occhiate oltre la porta.
Isis ricambia ampiamente quell'indifferenza -e non potrebbe essere altrimenti-, insistendo nel voler provare a Gionni come i pranzi e le cene e il letto rifatto ogni mattina siano doni dal cielo; che mamma, papà e Luca non esistano. Però Gionni si permette di dubitare: guarda spesso il cielo, e non ha mai visto piovere giù qualcosa di diverso da pioggia, grandine o neve.
Inizialmente provò ad impegnarsi, per cercare di risolvere quella spiacevole situazione, ma i suoi tentativi non hanno fruttato molto più di una tregua illimitata provvisoria, e reciproca indifferenza fra Isis e il resto della famiglia.
Il che, in fondo, è meglio di niente.
Isis è discreta, non sporca non consuma, occupa poco spazio, nella stanza di Gionni. E' quasi un angelo custode, meglio di un genio protettore. Come avere un'amica immaginaria, anche se questo Gionni preferisce non dirglielo. Teme Isis si arrabbierebbe moltissimo.
Gionni aveva un amico immaginario, una volta, quindi sa cosa significhi. Ce l'aveva perché i suoi compagni -Pippo, Zeto, Fiasco, ragazzi iperattivi e a volte violenti- preferivano sempre giocare a calcio in qualche campetto spelacchiato di periferia, quando lui avrebbe voluto impegnarsi in occupazioni più costruttive, tipo imparare i numeri che vengono dopo 1589. Per non essere emarginato dal gruppo si rimetteva alle decisioni della maggioranza, e accettava di giocare a calcio, ma riservandosi il ruolo di portiere, così da avere un sacco di tempo per chiacchierare con Schizzo, che era appunto il suo amico immaginario. A volte il pallone superava troppo spesso la linea di porta che Gionni avrebbe dovuto difendere, e quelle erano le uniche occasioni nelle quali i compagni si rivolgevano a lui, con parole che, comunque, Gionni preferiva rimuovere subito, e quindi non ha mai ricordato. Per il resto del tempo lo lasciavano in pace. Gionni ha sempre sospettato che i suoi compagni lo considerassero un po' strano.
Ora il suo amico immaginario è scomparso, ma anche Pippo, Zeto e Fiasco non ci sono più. Qualcuno li ha sostituiti con un ragioniere, un operaio specializzato che intristisce a vista d'occhio, ed un tipo calvo perennemente in viaggio senza la moglie. Gionni non rimpiange i compagni di un tempo, ma trova che questi nuovi signori siano alquanto noiosi.
Isis, al contrario, sa sempre come rendere eccitante una giornata, è un vulcano d'idee, lei; Gionni non si è mai divertito così tanto in vita sua.
Nessun paragone con quello spettacolo di varietà itinerante che rispondeva al nome di Lucy, un altro personaggio poco loquace, convinta che non avesse bisogno di molte parole per esprimere il suo punto di vista. Invece le parole sono importanti, altrimenti come si fa' a dare un nome alle cose? Una cosa non diventa reale finché non gli si da' un nome; può essere sommamente comica, o mortalmente noiosa, ma ha bisogno di un nome per esistere.
Lucy era fortunata, perché ne aveva due, di nomi. Lucy, appunto, e quello che gli dava il suo gatto, un nome che Gionni non ha mai saputo.
Fu qualche tempo dopo avere visto il primo servizio fotografico di Lucy su una rivista, che Gionni conobbe Isis.
Si trovava in Sud America, spedito laggiù dal suo capo per una vacanza premio, e non stava troppo bene. Gionni ha sempre odiato il Sud America, non ha mai avuto timore di dirlo; era convinto che anche il suo boss lo sapesse. Perciò considerava quella vacanza come una specie di punizione, essendo state abolite le pene corporali ai sottoposti. Non riusciva a capire cosa avesse fatto per meritarsi tanto. Non è mai riuscito a comprendere le proprie mancanze, ma sicuramente devono essere state gravissime, perché spesso è stato punito senza sapere perché. Come quando sua sorella morì, e lui non riusciva a piangere, immobile e pallido nel suo maglione nero col girocollo azzurro. Provava ad ascoltare il prete, fissando contemporaneamente la costosa bara circondata da fiori dall'odore nauseante, e ci provava a piangere, visto che lo facevano tutti, davvero, ma l'unica cosa che gli veniva in mente era che il colore di quella bara non sarebbe piaciuto a Gina, sua sorella. Un marrone troppo chiaro. Da quel giorno suo padre ha cominciato ad odiarlo, e Gionni vorrebbe riuscire a dirgli che non riuscì a piangere perché non credeva -e tuttora non ne è convinto: ogni sera, dopo cena, le suona una canzone con la chitarra, finché suo padre gli ordina di smettere- che Gina fosse realmente morta. Gionni non lo biasima, per i suoi rimproveri, d'altronde papà non sa che canta per Gina. E poi è bello vedere Isis sorridere, quando le sue dita scoprono un accordo particolare.
Gionni in Sud America si ammalò, dunque, forse a causa del cibo pesante, forse del caldo. Trascorse due delle tre settimane previste dal programma dell'agenzia a letto, con una sensazione di fastidioso attrito dove la pelle toccava le lenzuola, leggendo riviste di attualità. Gionni è sempre stato ipersensibile, a livello epidermico -infatti detesta il contatto fisico. E' quindi normale per lui soffrire di pruriti localizzati, quando la temperatura si alza. Dato che in Sud America fa molto, troppo caldo, il prurito era diventato insopportabile, quasi gli venisse strappata via la pelle dai muscoli. Parlava molto, e a lui sembravano discorsi sensati, anche se i medici sostenevano si trattasse di delirio febbrile. Non gli piacevano i medici, e neanche le infermiere. Erano tutti troppo giovani, e sempre sudati, i loro camici coperti di macchie scure. Le riviste lo aiutavano a non pensare alle macchie scure, e al puzzo di sudore. Fu in una di quelle che scoprì come Lucy fosse diventata una fotografa di successo. Un articolo che parlava del meccanismo di seduzione negli oranghi albini, era corredato con foto fatte da lei. Era brava, almeno così parve a Gionni.
La stessa mattina vide che il letto accanto al suo era di nuovo occupato. Un vecchio nodoso ed essiccato dal sole, i capelli color schiuma, che pareva non respirare. Aveva la bocca socchiusa e gli occhi spalancati, e sembrava morto, ma evidentemente non lo era, se l'avevano portato lì. Accanto al letto, in piedi, c'era Isis, vestita di bianco.
Il vecchio non dava l'impressione di notarla, ma nelle sue condizioni non poteva riconoscere nessuno, pensò Gionni. La cosa buffa è che neanche il personale di servizio sembrava accorgersi di lei. Una cosa, questa, che Gionni avrebbe imparato ad accettare, perché capitava spesso, con Isis.
Lui però la vedeva, e si era accorto che, in sua presenza, l'irritante fastidio provocato dall'attrito fra lenzuola e pelle diminuiva, ma forse era solo lui che ci faceva meno caso. Dopo un paio di giorni, superato il primo pudore, Isis aveva preso a parlargli; inizialmente qualche parola di circostanza, poi discorsi sempre più intimi, e confidenziali. Consigli, perlopiù, suggerimenti sotto forma di domanda, come quando si chiede a qualcuno: "Come faccio ad arrivare a Londra?" e quello risponde: "Sei già stato a Parigi?".
Una sera Gionni si accorse improvvisamente che l'attrito era scomparso. Sparito da un momento all'altro. Si volse in direzione del letto accanto, per dirlo ad Isis. Non c'era, e il vecchio era morto. Giaceva immobile, supino, con la bocca socchiusa, come sempre, ma i suoi occhi erano serrati. Fu questo particolare a rivelare a Gionni che era morto.
Gionni temé, per un momento, che Isis sarebbe scomparsa dalla sua vita, che non l'avrebbe più rivista. Ma lei ritornò, quella sera stessa, subito dopo che gli infermieri ebbero portato via il cadavere del vecchio, e prese a sostare accanto al suo letto. Gionni fu inizialmente colto da una sorta di inquietudine, visto quello che era successo al vegliardo, ma Isis lo tranquillizzò, spiegandogli come non riuscisse a stare sola. Era rimasta a fianco del vecchio per più di trent'anni, disse, ed anche se non ne dimostrava più di venticinque, ventisei, chissà perché quella a Gionni parve una cosa ragionevole. E poi, quando le sue condizioni iniziarono a migliorare, giorno dopo giorno, tutti i timori svanirono.
Isis gli sorrideva, mentre parlava, ed era decisamente bella, occhi profondi e tutto il resto.
Gionni decise sarebbe venuta a casa con lui, sempre che il Sud America non lo uccidesse prima, e Isis non avesse nulla in contrario. Fortunatamente nessuna delle due eventualità si realizzò.
Isis si è stabilita nella stanza del ragazzo, e vivono felicemente insieme. Finalmente Gionni ha qualcuno con cui parlare, e attraversa uno dei periodi più sereni della sua vita. Isis gli ha insegnato tante cose, per esempio come vincere la sua riluttanza per le armi da fuoco. Una volta Gionni non poteva avvicinarsi ad una pistola, o un fucile, senza che ciò gli causasse reazioni allergiche -un'eruzione cutanea sulle palme delle mani. Alla visita militare nessuno si sentì in dovere di credergli, ed è per questo che Gionni ha fatto l'obiettore. Grazie ad Isis, e grazie anche a suo padre -che è cacciatore, e possiede una carabina nera e lucida- Gionni ha superato il problema. E' sempre stato affascinato da quel fucile, ma aveva sempre avuto paura a toccarlo. Ora non più. Isis gli ha fatto vedere come funziona, e a Gionni piace.
Proprio oggi Isis gli ha suggerito di prendere il fucile di suo padre, prima di uscire.
Arrivati sotto la torre dell'orologio, Isis si è fermata, sorridendo e guardando in alto. Gionni l'ha spiata senza farsi vedere. Trova che è sempre più bella. Ha gli occhi viola, come Liz Taylor.
Con Liz Taylor non sarebbe però salito in cima alla torre. Nessuno ha fatto caso allo zainetto celeste che Gionni portava sulle spalle. Molti studenti vanno a visitare quella torre, d'estate, anche se non tutti hanno una fucile smontato nella borsa.
Non c'è nessuno, neanche un po' di vento, lassù, a quest'ora, solo Gionni, e Isis e il fucile. Gli altri sono tutti là sotto, distesi sull'erba del praticello, soli, a coppie, in gruppi, o seduti a leggere chissà che cosa, vicino al laghetto artificiale. C'è qualche mamma che spinge un carrozzino, adolescenti su pattini a rotelle e skateboard, bambini che giocano.
Il mondo.
Gionni non sa cosa dovrà fare, ma aspetta un suggerimento di Isis, un'idea. Che, probabilmente, sarà come sempre ottima.