Il corridore
Ha passato la vita correndo. C'è chi dice abbia imparato a correre prima di ancora di camminare, ma certe affermazioni vanno prese con le molle. Altri lo ritengono l'uomo più veloce del mondo, e questo invece potremmo accettarlo senza obiettare: quando mette in azione i muscoli delle gambe nessuno riesce a stargli dietro, perlomeno non è mai successo, finora. Va detto come Lucas non sia uno scattista, né un corridore di fondo. In realtà non è affatto un corridore. Non ha mai gareggiato in competizioni, o giochi. Si è accorto presto, verso i tre anni, di possedere questa particolarità, che lo rendeva diverso dagli altri. Ma Lucas è l'umiltà fatta persona, la volontà di primeggiare non faceva parte del suo carattere, nemmeno a tre anni. Se anche espresse il desiderio, una volta, di intraprendere la carriera agonistica, lo fece spinto solo dal desiderio di dividere il suo tempo con ragazzi come lui, che avessero gli stessi interessi, ha sempre avuto così pochi amici... Ad ogni modo suo padre non volle sentir parlare di atletica. Non biasimatelo, il vecchio: con uno studio ben avviato come il suo, che assurdità non far studiare il figlio da dentista!
Probabilmente Lucas non diventerà mai un dottore. Aspetta solo che papà riceva il Telegramma cerchiato di nero dalle Alte Sfere, per abbandonare finalmente gli studi. A quel punto potrà perdonare il genitore per aver voluto dirigere il film della sua vita, senza chiedergli di collaborare alla sceneggiatura.
Nel frattempo, ogni volta che ne ha l'occasione, corre. E' sempre stata la sua valvola di sfogo, la corsa, una particolare forma di meditazione attiva, tinta a volte di vaghe connotazioni erotiche. Non importa dove -pinete, sentieri sterrati di campagna, lastricati sconnessi in periferia-, quando si sente depresso, o semplicemente malinconico, Lucas comincia a correre, il suo cervello macina ragionamenti di pari passo coi chilometri percorsi dai piedi, e si ferma solo quando la crisi è superata.
Le Autorità sono venute presto a conoscenza del talento speciale di Lucas, ed essendo meno orbe del padre, hanno intuito in quel talento una gemma che, razionalmente curata, potrebbe sbocciare in un magnifico fiore, che farebbe un figurone sulla bandiera nazionale. Si sono quindi proposti di tenere sotto controllo il giovane.
Ora, è facile immaginare l'utilità di un futuro ingegnere, un fisico nucleare, un avvocato; ma che se ne fa lo Stato, di un corridore? A parte farlo gareggiare alle Olimpiadi, e fregiarsi di una gloria indiretta per qualche anno? Obiezione legittima, ma solamente per chi naviga con la sua barchetta di sughero lontano dalle correnti di pensiero delle stanze ai Piani Superiori, dove uno dei dogmi immutabili e più rispettati è: "tutto quel che fa bene va bene, se fa bene. Altrimenti è sufficiente modificarlo". Evidentemente in quei Piani, si è giunti alla conclusione che il dono di Lucas possa tornare utile, un giorno, e così ha fatto la sua comparsa, negli archivi di un Ministero -che la Ragion di Stato ci impedisce per il momento di specificare-, un dossier di giorno in giorno più cospicuo, alimentato da fiumi di informazioni riservate, osservazioni discrete e notizie controllate direttamente alla fonte. Documenti che descrivono in termini molto particolareggiati gli sviluppi del ragazzo più veloce del mondo; inutile aggiungere come quegli sviluppi vengano in gran parte pilotati da uno staff congiunto di medici, psicologi e generali.
Anche se lo ignora, Lucas non è molto più del frutto di un esperimento.
Vari Governi si sono succeduti, dal giorno in cui il nostro eroe vide la luce piangente fra le braccia della zia (sua madre, stesa sul letto, urlava perdendo sangue dall'inguine, e papà, convinto assertore del parto casalingo, cercava di tamponare l'emorragia, continuando a ripetere come un mantra che tutto andava bene, che nessun ospedale può sostituire l'atmosfera di tranquilla sicurezza della propria camera da letto e, dopotutto, un dottore in casa, loro ce l'avevano, no? In capo a due ore la madre di Lucas spirò, e il marito volle vestirla personalmente, non permettendo ad estranei di entrare nella stanza per ficcare il naso nelle parti intime devastate, e vedere se avesse compiuto correttamente il suo dovere di medico), e il dossier è aumentato notevolmente in volume, cambiando semmai colore di copertina, a seconda della parte politica al potere. Lucas è ormai un robusto giovanotto di venticinque anni, che non ha mai sofferto del complesso di Edipo -questo ha facilitato il lavoro ai medici dello staff governativo, causando d'altra parte difficoltà non indifferenti agli psicologi e, soprattutto, ai generali-, e di conseguenza non si è ancora sposato, nonostante la zia, facendosi aria con un foulard di seta celeste, gli abbia detto, una volta, che alla sua età un uomo dovrebbe cominciare a far progetti.
Lucas pensa che a venticinque anni non si è ancora uomini, e aspetta i trenta per decidersi a prender moglie. Lui non sa che i suoi dubbi, probabilmente anche l'ostinazione nel non voler diventare medico, l'attesa della morte del padre e tutto il resto, sono sentimenti indotti, sottolineati in blu da qualche parte nel dossier al Ministero, e classificati sotto la voce: "caratteri psicologici controllabili".
Lucas non ha fatto il militare; si è ritenuto opportuno indirizzarlo verso l'obiezione di coscienza: la vita di caserma avrebbe potuto danneggiarne l'equilibrio psichico, oppure causargli qualche stupido incidente che avrebbe messo in crisi il suo talento di corridore. Chi marcia troppo tende a dimenticare vi siano altri modi per spostarsi. Un anno tranquillo come centralinista, negli uffici di qualche associazione di volontariato, sarebbe stata la scelta migliore. Lucas non ha quindi imparato a dire "signorsì", ma a rispondere a chiunque con tono distaccato ed impersonale.
E' noto come le Istituzioni siano moderatamente pazienti, ma quando decidono sia giunto il momento -un momento, poco importa quale- non si danno pace finché non hanno ottenuto ciò che vogliono. Sono passati quindi solo tre giorni dalla decisione di sottoporre finalmente Lucas ad una prova -per verificare la qualità del lavoro svolto fin lì- alla sua convocazione presso il Ministero degli Interni. Suo padre ha chiaramente pensato subito a qualcosa di grave; forse un complotto segreto del figlio, maturato anno dopo anno, contro di lui; non è servito a convincerlo il fatto che Lucas cadesse palesemente dalle nuvole, alla notizia di quella convocazione. Il dottore ha continuato a tormentare il figlio, con domande retoriche e altre a tranello, senza ricavarne nulla, finché questi non è salito sul treno, diretto alla capitale.
Lucas non era mai stato nella Città, prima, ma non gli è sembrata molto diversa da altre capitali estere che, al contrario, ha visitato.
Giunto al palazzo sede del Ministero, un segretario calvo e segaligno l'ha condotto in un ufficio -che poteva contenere il suo appartamento, e parte di quello della zia-, il cui funzionale arredamento comprendeva una sedia Luigi XIV ad un capo, ed una scrivania in noce, stracolma di documenti, all'altro, qualche decina di metri distante.
Dopo circa due ore il Ministro è comparso dalla porta a destra della scrivania. Aveva un modo di camminare nervoso, che lo faceva somigliare ad un grillo.
-E così ecco il famoso corridore- ha esordito, con tono cordiale. Chissà perché lo ha definito così? Famoso, a Lucas, non pareva di essere. E come faceva quell'uomo a conoscere il suo talento? Probabilmente i Ministri, specie quelli degli Interni, hanno doti di chiaroveggenza.
Il funzionario l'ha invitato ad accomodarsi sulla sedia, prendendo a sua volta posto dietro la scrivania.
-Si domanderà,- ha ripreso, -quali siano le ragioni di questa convocazione- Lucas ha sollevato le sopracciglia, annuendo, anche se proprio non riusciva ad immaginarsele, -Abbiamo un compito da affidarle, un incarico molto importante...
Parlava piegando i lati della bocca, un tic nervoso, che aumentava l'ambiguità delle sue parole: un incarico dal Ministro degli Interni? Ci doveva essere un errore, l'avevano scambiato per qualcun altro.
Lucas ha provato a dire qualcosa, ma il Ministro, resosi evidentemente conto del suo imbarazzo, gli ha concesso un sorriso di complicità:
-Credo di indovinare quel che sta pensando, ma si tranquillizzi, non è un errore di persona. E' proprio di lei che abbiamo bisogno.
E' passato quindi ad illustrare a Lucas le direttrici di quell'incarico: come ogni cinque anni, essendo stagione di voto, governo e opposizioni si trovano a dover mettere in scena un grande spettacolo, che impressioni gli elettori, aiutandoli nella libera scelta. Generalmente le rappresentazioni tese a colpire il non troppo esigente immaginario dell'opinione pubblica sono cimenti agonistici, prove di atletica -raramente dimostrazioni culturali- alle quali partecipano due rappresentanti delle opposte fazioni. Vince il migliore, naturalmente. Scorrendo velocemente gli annali conservati nell'Archivio di Stato, un lettore superficiale sarebbe portato a credere che quello sia un paese di superuomini, tante e tali sono state queste prove di forza, anche se la sua impressione verrebbe difficilmente confermata da un esame approfondito della fauna umana che popola le strade delle città.
Quest'anno, ad ogni modo, la prova consiste in una gara di corsa sulla distanza. Due atleti dovranno portare un messaggio simbolico, contenuto in un cilindro di alluminio, dalla città più ad est a quella più ad ovest del paese; il primo a raggiungere l'occidente verrà proclamato vincitore, con grande lustro della parte politica che rappresenta, e nominato Senatore a vita, con un discreto vitalizio annuo.
Chi, dunque, meglio dell'uomo più veloce del mondo per rappresentarli, si son detti gli alti dirigenti del partito di governo? La vittoria arriderà sicuramente ai loro colori. Inoltre è un'ottima occasione per testare le potenzialità del ragazzo.
-Non ho mai partecipato ad una gara,- ha provato a obiettare Lucas, -non corro per vincere, io...
Il grillo seduto dietro la scrivania, sollevando istintivamente le spalle, si è allungato verso il portasigarette d'argento alla sua destra. Presa una Camel, l'ha accesa.
-Capisco, ma... non credo faccia molta differenza, in sostanza.
Lucas si sentiva a disagio su quella sedia così scomoda, che chissà come aveva il nome di un re.
-Forse non ha capito, signor Ministro,- il grillo l'ha fulminato con un'occhiata da sotto gli occhiali spessi un dito -Non mi sono spiegato bene...- si è corretto Lucas, arrossendo, -Non penso di essere in grado di gareggiare. Ho sempre corso solo per me stesso, e...
Il Ministro ha spento la Camel, soffiando via l'ultima nuvola di fumo da un angolo della bocca.
-E' lei che non capisce, Lucas. Abbiamo speso energie, investito molto su di lei: tempo, denaro... I migliori esperti del paese, professionisti brillanti, a volte geniali, ma assolutamente poco economici. Vede, forse è lei a non aver capito, o magari non mi sono spiegato bene, glielo concedo, se preferisce: la mia non è una richiesta.
Lucas ha cambiato la messa a fuoco del proprio sguardo, puntandolo in direzione della finestra dai vetri opachi, alle spalle del Ministro, oltre la quale il cielo grigio incombeva sinistro. Era nuvoloso. Ma forse a causa dei vetri. A Lucas sembravano stranamente sporchi.
-Si, forse non ho afferrato bene io, signor Ministro... ma non... non capisco cosa c'entrino i... migliori esperti del paese..!?
Il grillo ha serrato per un istante le palpebre. In effetti non era necessario che Lucas scoprisse di essere stato una sorta di cavia per oltre vent'anni. Non ha quindi aperto bocca, lasciando che il ragazzo continuasse:
-Sono costretto a rifiutare, mi spiace. Le parlo francamente, mi considero una persona schietta e sincera. Inoltre le mie simpatie politiche vanno al partito d'opposizione...
Il Ministro è sembrato gonfiarsi, come se una bombola, nascosta sotto la scrivania, gli pompasse ossigeno nel corpo. I suoi movimenti si sono fatti ancor più nervosi: aggrottava le sopracciglia stringendo i pugni, le nocche bianche.
-Non... possiamo... accettare... un... no... come... risposta!- C'era in gioco la sua credibilità, il suo futuro politico. A Lucas è parso che il cielo si oscurasse sempre più.
-Lei correrà,- Ha concluso il Ministro, paonazzo e preda di incontrollabili scatti nervosi, -O le renderemo la vita impossibile!
-E' una minaccia?- ha chiesto Lucas, stupito.
-SI!- è stata la risposta del Ministro, urlata più che detta.
Il ragazzo ha abbassato la testa. Una resa così improvvisa da sembrare ingiustificata. Ma la vita di Lucas è già uno schifo -suo padre e tutto il resto-, per mettersi contro anche il Governo, chi può biasimarlo?
Dopo un mese di duri allenamenti, finalizzati principalmente all'indottrinamento ideologico di Lucas, non a potenziarne le già eccezionali doti podistiche, arriviamo al giorno della gara.
Pigiamo il tasto “avanti veloce” del telecomando sulle cerimonie introduttive, si eliminino dal montaggio le parate e fanfare e prolusioni e voli di colombe coi quali le Autorità hanno decorato la carota da donare all'elettore medio -entità dai contorni vaghi, ma notoriamente plaudente spettacoli di gusto eccessivo e volgare-; conserviamo qualche fotogramma della partenza della gara: la pistola che spara il via; il boato della folla assiepata ai lati del percorso, che si apre come il Mar Rosso al passaggio dei due contendenti; il Ministro dell'Interno che sorride nervosamente a colleghi ed avversari, piegando le labbra in un ghigno che fa risaltare la sua fisionomia da grillo nei monitor dei giornalisti che seguono la gara dalla sala stampa; il padre di Lucas comodamente seduto sulla poltrona buona, in salotto, davanti alla TV.
Un flash-forward, e infine l'inquadratura è tutta per il nostro eroe, nel momento in cui, percorsi già quaranta chilometri, si concede la prima sosta, sicuro di aver lasciato indietro il suo avversario.
E' quasi il tramonto, Lucas si è fermato presso un boschetto di pioppi, lungo un torrente. Poche centinaia di metri più avanti, la foresta di sempreverdi che si estende fino al confine ovest del paese. I corridori sono liberi di scegliere il proprio percorso e, sebbene leggermente più lunga, la via della foresta è pianeggiante. Lucas la preferisce, confidando nelle sue doti di velocista per recuperare terreno, nel caso il suo avversario abbia deciso di provare la via breve, quella che sale, scende e serpeggia fra collinette e gole calcaree, simile a un ottovolante, a ridosso del fiume. Naturalmente, di notte, si può perdere l'orientamento, nella foresta, ma non è la prima volta che Lucas corre al buio, e non si è mai smarrito.
Liberandosi dal prezioso cilindro d'alluminio contenente il messaggio, che tiene a tracolla, e posandolo poco distante da sé, Lucas siede sull'erba. Non è affatto curioso di conoscere il contenuto del plico: le solite due o tre baggianate politiche di circostanza, probabilmente. Si toglie le scarpette da marcia, massaggiandosi i piedi con l'unguento vegetale datogli da suo padre, per una volta fiero della progenie.
Il sole sta scendendo oltre il profilo morbido delle colline, di fronte a Lucas. Gli ultimi raggi penetrano fra i rami dei pioppi ad occidente, fasci di luce arancioni e gialli che paiono sparati da una pistola laser spaziale, come quelle nei film di fantascienza degli anni Ottanta. Lucas segue la direzione di uno dei raggi, affascinato, abbassando progressivamente lo sguardo verso destra, e lo vede. Il suo avversario! A circa duecento metri da lui, seminascosto dai cespugli; anche lui siede per terra, e sembra riposare, almeno così pare a Lucas, a quella distanza, e nel buio.
Lucas non ha esitazioni: infila le scarpette, afferra il cilindro e riprende a correre, più veloce che mai, per un'ora o due circa, prima di fermarsi un attimo a riprendere fiato.
Ora si trova in piena foresta, ed è scesa la notte. Ansimando, appoggiato con la schiena ad un abete dal tronco scaglioso, le mani sulle cosce, si riempe i polmoni di aria. Dopo qualche minuto decide di dare un'occhiata intorno, non senza timore. Nessuno: ha seminato quel bastardo, è ancora primo. Si lascia scivolare con la schiena lungo il tronco, rabbrividendo al rude contatto della corteccia che gratta la pelle, sotto la canottiera verde, mettendosi infine seduto per terra. Grazie alla fuga improvvisa, e alla sua velocità, ha di certo guadagnato non pochi chilometri di vantaggio sull'avversario.
Ora è tranquillo, estrae dal piccolo marsupio di plastica che porta legato sulla pancia un paio di barrette proteiche, e tre pillole vitaminiche. Elimina le prime in due morsi, poi ingoia le pillole con un lungo sorso di tè freddo, che beve dalla borraccia termica gialla.
Placata la fame, riflette circa l'esplosione emotiva che lo ha travolto, poco prima, istintiva e terribile: ha dato del bastardo ad un tipo che nemmeno conosce; inconsciamente gli ha pure augurato un infarto, o una rovinosa caduta, dopo aver inciampato in una radice sporgente. L'ha studiato per un attimo, al momento della partenza. E' un ragazzo, come lui, qualche centimetro più alto, ha i capelli più chiari, e li porta leggermente più corti, ma un po' gli somiglia. Qualcuno ha deciso di contrapporli, ha spiegato loro che l'altro è il nemico, quello che ha torto, e tanto è bastato perché ognuno non ci pensi due volte ad augurare la morte dell'altro. E tutto per portare oltre il nastro d'arrivo uno stupido cilindro d'alluminio, contenente un foglio pieno di chiacchiere senza senso. Fra l'altro, il suo avversario corre per la fazione verso la quale vanno le simpatie politiche di Lucas!
D'altronde anche l'altro ha sicuramente ricevuto istruzioni simili alle sue, e quindi non vede in lui che un nemico da battere. E' proprio vero che quando si gareggia non si deve pensare. Per Lucas, però, è difficile. Correre e pensare sono gemelli monozigoti, nella sua visione delle cose. E' tutto così confuso...
Lucas getta la testa indietro, ma nel farlo percepisce con la coda dell'occhio un'immagine, alla sua sinistra. L'altro! A poche decine di metri, anche lui seduto con la schiena contro un albero. E' buio, nella foresta, ma è una notte di luna piena, un leggero chiarore penetra dalle sommità dei sempreverdi, permettendo un minimo di visione.
Lucas rimane immobile per qualche secondo, studiando l'avversario. Difficile capire cosa stia facendo, ma l'istinto gli suggerisce che non si è accorto di lui. Lentamente si sposta verso destra, continuando a rimanere seduto, strisciando sugli avambracci. Dopo qualche metro volge indietro lo sguardo, per seguire i movimenti dell'altro, ma la prospettiva degli alberi gli nega la vista. Si alza in piedi, con cautela, attento a non calpestare foglie secche o rami, che potrebbero tradirlo, e si allontana da quel posto, cento, duecento metri, poi fila via come un razzo.
Ha deciso: basta soste, e pensieri e dubbi. Correrà come non ha mai corso, per arrivare alla città più ad ovest del paese prima dell'avversario. E' o non è l'uomo più veloce del mondo?
Macina chilometri come una pantera cocainomane, meccanicamente, senza guardare dove va, sollevando foglie e aghi di pino che turbinano dietro la sua scia; distrugge al suo passaggio intere colonie di insetti del sottobosco e capolavori architettonici di ragni estremamente sorpresi da tanta foga. I rami gli frustano il corpo, gli feriscono le braccia che tiene alzate a proteggersi il viso, ma Lucas non vi bada; corre, deve arrivare primo. Nessun trucco, né tecnica che regga: fiato corto e gambe in spalla.
Gli alberi gli sfrecciano ai lati, veloci colonne grigio-nere nel moto relativo. Lucas li evita di millimetri, zigzagando come uno slalomista pieno di metanfetamine lungo la traiettoria più breve: destra, sinistra, destra, sinistra, di nuovo a destra, dove un'ombra velocissima gli tiene il passo.
L'altro!
Lucas chiude gli occhi per un istante, rischiando di schiantarsi contro un ippocastano, poi guarda di nuovo a destra. E' proprio il suo avversario, che lo affianca mantenendo la sua andatura senza apparente difficoltà.
E' incredibile! L'uomo più veloce che Lucas abbia mai visto. Il primo che sia mai riuscito a tenergli testa!
Lucas stringe i denti, ignora i polmoni che urlano, e accelera ulteriormente l'andatura. Oltre i propri limiti, una velocità pazzesca per un uomo che corre a piedi...
L'altro non cede. Vorrebbe urlare, Lucas, ma non ha fiato, se non quello necessario per correre.
Accelera ancora, il cuore è un tamburo che bombarda inni di guerra: niente da fare.
Le ore passano, e il cielo comincia ad assumere quel tono rosato, tipico delle albe estive. Lucas però non ha tempo per ammirare il sorgere del sole, deve correre, correre e basta. A tratti l'avversario scompare dietro l'intrico di tronchi e cespugli, ed in quei momenti Lucas prega gli capiti qualcosa di definitivo, che lo elimini dalla gara: basterebbe una radice nascosta, una piccola buca nel terreno. Ma l'altro torna sempre, e sempre appaiato.
E' dunque una corsa al massacro, di quelle che si risolvono solo negli ultimi metri, con una volata finale supersonica. Lucas è pronto, ormai non dovrebbe essere che a pochi chilometri dalla città più ad ovest del paese.
Respira con ritmo regolare, adattando il proprio metabolismo allo sforzo, al fine di risparmiare ossigeno per gli ultimi metri. Anche il suo passo è regolare, seppur velocissimo.
Ma l'altro usa la stessa tecnica, e continua a tenergli il passo.
Il sole è ormai sopra l'orizzonte. Lucas si volta a sinistra, per ammirarlo, distogliendo per un attimo lo sguardo dal suo avversario. Una bellissima alba, piacerebbe molto a Lucia -una ragazza tendenzialmente romantica che purtroppo conosce solo superficialmente. Peccato non poterla gustare appieno, insieme.
Volge di nuovo lo sguardo fisso di fronte a sé, stringendo i denti per resistere. Non manca molto, gli ultimi chilometri.
C'è qualcosa che non torna, qualcosa di sbagliato... Lucas non riesce a pensare lucidamente, è sotto sforzo, il cervello rifiuta di concentrarsi, ma intuisce tuttavia come un elemento sia fuori posto, in quell'alba così eterea. Infine, sollevando di nuovo lo sguardo verso l'astro nascente, comprende.
Comprende di aver corso in direzione sud, invece che ad ovest, per chissà quanto tempo -il sole sorge alla sua sinistra, non alle sue spalle- e la conferma arriva nel momento esatto in cui, superata una collina spelacchiata, si trova davanti l'Oceano, naturale confine meridionale del paese.
E' confuso, stupefatto. Ma anche l'altro, allora...
Voltandosi a destra può studiare l'espressione di sconfitta sul proprio volto, riflessa dalla barriera di cemento armato, alta novanta metri, con pannelli d'acciaio lucidi come specchi, che delimita il lato occidentale della Base Militare di Avola, parallelamente al quale ha corso, gareggiando contro la propria immagine, per tutta la notte.